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Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA
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Piano triennale di prevenzione della corruzione Triennio 2022-2024
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in data 13 aprile 2022 ai sensi della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014 |
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” – Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (di seguito anche: “PNA 2019”) adottato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche: “ANAC”) con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, richiamata la propria natura di atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni italiane ai fini dell’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, ha ritenuto opportuno precisare il contenuto della nozione di “corruzione” e di “prevenzione della corruzione”.
Quanto al primo aspetto, l’ANAC ha evidenziato come sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali, (es. OCSE e Consiglio d’Europa) firmate e ratificate dall’Italia, la corruzione consista «in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli. Questa definizione, che è tipica del contrasto penalistico ai fenomeni corruttivi, volto ad evitare comportamenti soggettivi di funzionari pubblici (intesi in senso molto ampio, fino a ricomprendere nella disciplina di contrasto anche la persona incaricata di pubblico servizio), delimita il fenomeno corruttivo in senso proprio. Nell’ordinamento penale italiano la corruzione non coincide con i soli reati più strettamente definiti come corruttivi (concussione, art. 317, corruzione impropria, art. 318, corruzione propria, art. 319, corruzione in atti giudiziari, art. 319-ter, induzione indebita a dare e promettere utilità, art. 319-quater), ma comprende anche reati relativi ad atti che la legge definisce come “condotte di natura corruttiva”. L’Autorità, con la propria delibera n. 215 del 2019, sia pure ai fini dell’applicazione della misura della rotazione straordinaria, ha considerato come “condotte di natura corruttiva” tutte quelle indicate dall’art. 7 della legge n. 69 del 2015, che aggiunge ai reati prima indicati quelli di cui agli art. 319-bis,321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis del codice penale. Con questo ampliamento resta ulteriormente delimitata la nozione di corruzione, sempre consistente in specifici comportamenti soggettivi di un pubblico funzionario, configuranti ipotesi di reato».
In ordine alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, l’ANAC, richiamati i contenuti e le direttive delle Convenzioni Internazionali di riferimento, ha precisato che «per essere efficace, la prevenzione della corruzione deve consistere in misure di ampio spettro, che riducano, all’interno delle amministrazioni, il rischio che i pubblici funzionari adottino atti di natura corruttiva (in senso proprio). Esse, pertanto, si sostanziano tanto in misure di carattere organizzativo, oggettivo, quanto in misure di carattere comportamentale, soggettivo.
Le misure di tipo oggettivo sono volte a prevenire il rischio incidendo sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Tali misure preventive (tra cui, rotazione del personale, controlli, trasparenza, formazione) prescindono da considerazioni soggettive, quali la propensione dei funzionari (intesi in senso ampio come dipendenti pubblici e dipendenti a questi assimilabili) a compiere atti di natura corruttiva e si preoccupano di precostituire condizioni organizzative e di lavoro che rendano difficili comportamenti corruttivi.
Le misure di carattere soggettivo concorrono alla prevenzione della corruzione proponendosi di evitare una più vasta serie di comportamenti devianti, quali il compimento dei reati di cui al Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale (“reati contro la pubblica amministrazione”) diversi da quelli aventi natura corruttiva, il compimento di altri reati di rilevante allarme sociale, l’adozione di comportamenti contrari a quelli propri di un funzionario pubblico previsti da norme amministrativo-disciplinari anziché penali, fino all’assunzione di decisioni di cattiva amministrazione, cioè di decisioni contrarie all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, in primo luogo sotto il profilo dell’imparzialità, ma anche sotto il profilo del buon andamento (funzionalità ed economicità)».
L’Autorità ha pertanto sottolineato che «con la legge 190/2012, è stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012», venendo perciò in rilievo un intervento normativo con il quale «non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio».
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazione fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
Sul punto il PNA 2019, precisato che «poiché ogni amministrazione presenta differenti livelli e fattori abilitanti al rischio corruttivo per via delle specificità ordinamentali e dimensionali nonché per via del contesto territoriale, sociale, economico, culturale e organizzativo in cui si colloca, per l’elaborazione del PTPCT si deve tenere conto di tali fattori di contesto. Il PTPCT, pertanto, non può essere oggetto di standardizzazione», ha enucleato i seguenti principi guida di cui occorre tener conto nella progettazione e attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo, ovvero:
sviluppando ed aggiornando al contempo le indicazioni metodologiche per la gestione del rischio corruttivo confluite nell’Allegato 1 al PNA 2019, il quale diventa l’unico documento metodologico di riferimento ed il cui nuovo approccio valutativo (di tipo qualitativo) può essere applicato in modo graduale dalle amministrazioni che abbiano già predisposto il Piano utilizzando l’Allegato 5 al PNA 2013, «in ogni caso non oltre l’adozione del PTPC 2021-2023».
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
1.2. L’applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione agli ordini professionali ed il processo di pianificazione ed attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nel Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione. Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che gli approfondimenti operati nel PNA 2016 mantengono ancora oggi la loro validità.
Ad ogni buon conto, già anteriormente all’approvazione definitiva del PNA 2016, il CND continuava a dare corso agli adempimenti di cui alla normativa di contrasto alla corruzione, prontamente procedendo alla nomina del RPCT della prevenzione della corruzione e all’avvio delle attività correlate agli adempimenti in materia di trasparenza (v. i Verbali di Adunanza Consiliare del 19/01/2015, ove si è provveduto alla nomina del Responsabile Anticorruzione, e del 09/02/2015, ove quest'ultimo rappresentava le criticità derivanti dagli obblighi scaturenti dalle prescrizioni in materia).
In tale contesto, seppur in assenza di specifiche indicazioni applicative della c.d. “normativa anticorruzione” alle peculiari specifiche organizzative e funzionali dei CND, si era quindi proceduto all’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), per gli anni 2016-2018, per il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia, e del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) che costituiva una sezione del presente PTPCT.
I predetti atti di pianificazione erano stati elaborati in ossequio alle disposizioni normative all’epoca vigenti e alle indicazioni metodologiche contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), oltre che alle prassi applicative rinvenibili in materia.
Il CND di Perugia, inoltre, era comunque da lungo tempo impegnato nella promozione dell’etica, della legalità e della trasparenza, in aderenza alle prescrizioni del Regolamento del Consiglio Nazionale del Notariato e del Comitato Esecutivo, attuativo delle norme contenute nelle leggi 3 agosto 1949 n. 577, 20 febbraio 1956 n. 58 e 27 giugno 1991 n. 220.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
L’elaborazione del presente Piano, in conformità a quanto indicato nell’Allegato 1 al PNA 2019, si è sviluppata attraverso le fasi di seguito riportate: Analisi del contesto esterno ed interno; Valutazione del rischio (Identificazione del rischio/Analisi del rischio/Ponderazione del rischio); Trattamento del rischio (Identificazione delle misure/ Programmazione delle misure). Secondo quanto previsto nel PNA 2019, l’Allegato 1 costituisce «l’unico riferimento metodologico da seguire nella predisposizione del PTPCT per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo e aggiorna, integra e sostituisce le indicazioni metodologiche contenute nel PNA 2013 e nell’Aggiornamento PNA 2015». L’Allegato 1 «diventa pertanto l’unico strumento metodologico da seguire nella predisposizione dei Piani triennali della prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo, mentre restano validi riferimenti gli approfondimenti tematici (es. contratti pubblici, sanità, istituzioni universitarie, etc.) riportati nei precedenti PNA».
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
I notai aventi sede nel Distretto costituiscono il Collegio notarile e per ogni Collegio è previsto un Consiglio Notarile che opera in autonomia.
Il CND di Perugia è composto da 9 (nove) notai, eletti dai notai esercenti nel distretto; gli eletti restano in carica tre anni. I membri del Consiglio sono rinnovati per un terzo in ciascun anno, secondo l'ordine di anzianità di nomina. Il Consiglio elegge tra i propri membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere.
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
2.1.1. Organismi di diritto privato controllati o partecipati dal CND di Perugia
Il CND di Perugia promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
1) lo svolgimento di corsi teorici e pratici di specializzazione post-universitaria in tutte le materie previste nei regolamenti CNN e comunque in tutte le discipline attinenti alla professione di Notaio;
2) l'organizzazione di corsi di perfezionamento e di master per l'esercizio della professione rivolti ai neo vincitori di concorso e di aggiornamento professionale dei notai in esercizio;
3) l'organizzazione ed il patrocinio di dibattiti, seminari, tavole rotonde, conferenze e convegni;
4) la promulgazione di pubblicazioni su argomenti attinenti l'attività notarile;
5) l'istituzione di borse di studi e premi da assegnare agli allievi più meritevoli.
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
2.1.2. Il contesto organizzativo e la struttura amministrativa del CND di Perugia
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia è composto da nove Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons.Andrea Sartore), il Tesoriere (Cons. Eleonora Lucattelli) ed il Segretario (Cons. Paolo Efisio Anedda Angioy).
Il Cons. Grazia Cherubini è stato altresì nominato Responsabile della prevenzione della corruzione (delibera CND 12 febbraio 2018), successivamente rinominato “RPCT Territoriale per il Responsabile Unico Nazionale” (con delibera CND 11 febbraio 2019 il Consigliere Grazia Cherubini è stata nominata anche Responsabile per la Trasparenza), nonché R.S.P.P. (il Consigliere Daniele Migliori con delibera CND 11 marzo 2019 è stato nominato Responsabile per lo svolgimento dei compiti di Prevenzione e Protezione, delega a firma Notaio Filippo Brufani in data 13 gennaio 2019).
Delegati dal Consiglio per la liquidazione delle parcelle (emesse sino al 24 gennaio 2012) sono il Cons. Paolo-Efisio Anedda Angioy (delibera CND 11 marzo 2019) ed il Cons. Andrea Sartore (delibera CND 11 marzo 2019).
Il Consiglio ha altresì nominato:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia si avvale della collaborazione di due unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
3.1. Il presente PTPCT ha validità triennale (2022-2024).
Il PTPCT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno (con delibera n. 1 del 12 gennaio 2022, il Consiglio dell’Anac ha stabilito che il termine ultimo per la presentazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza 2022-2024 da parte delle pubbliche amministrazioni slitta al 30 aprile 2022, anche al fine di consentire ai responsabili della Prevenzione di svolgere le attività necessarie per predisporlo, tenendo conto anche del perdurare dello stato di emergenza sanitaria).
Il PTPCT è finalizzato, tra l’altro a:
Destinatari del PTPCT sono:
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
3.2. Sul ruolo e i poteri del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’ANAC ha adottato la delibera n. 840 del 2 ottobre 2018 in cui sono state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva – e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[…] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. […] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Con particolare riferimento alle prerogative assegnate al RPCT dalla disciplina sul whistleblowing (previste nell’art. 54-bis del d.lgs.165/2001), il PNA 2019 evidenzia che «il RPCT, oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, pone in essere gli atti necessari ad una prima “attività di verifica e di analisi delle segnalazioni ricevute” da ritenersi obbligatoria in base al co. 6 dell’art. 54-bis. Si rammenta infatti che la richiamata disposizione prevede che ANAC irroghi sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Sul potere sanzionatorio dell’Autorità si rinvia al Regolamento del 30 ottobre 2018 «Sull'esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro di cui all'art. 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con delibera ANAC n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019. L’onere di istruttoria, che la legge assegna al RPCT, si sostanzia, ad avviso dell’Autorità, nel compiere una prima imparziale delibazione sulla sussistenza (c.d. fumus) di quanto rappresentato nella segnalazione, in coerenza con il dato normativo che si riferisce ad una attività “di verifica e di analisi”. Resta fermo, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera n. 840/2018, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali».
3.3. La violazione delle misure contenute nel presente Piano è sanzionata in modo graduale, tenuto conto del ruolo e delle competenze del soggetto che pone in essere la violazione:
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
3.4. La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di misure “obbligatorie” (fissate per le legge o “suggerite” dal PNA) e “specifiche” di prevenzione della corruzione.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”. Con l’Allegato 1 del PNA 2019 l’ANAC ha dettato la metodologia applicativa di tali principi per le finalità di definizione di adeguate misure di prevenzione della corruzione.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCT risultano le seguenti “aree”:
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Perugia esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. […] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla l. 190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Perugia si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in tre macro-aree di attività:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi “generali” le seguenti:
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto al censimento dei processi nei quali è stato identificato un rischio corruttivo, all’interno delle sottoaree individuate nelle tre macroaree di attività (istituzionali – strumentali – generali), applicando il “principio di precauzione”.
In particolare, partendo dalle schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi allegate alle precedenti edizioni del Piano, ne sono state rivisitate le risultanze alla luce degli indicatori omogenei di seguito riportati:
La scala di valori associata ai predetti indicatori è stata: ALTO/MEDIO/BASSO.
Successivamente, è stato identificato un rischio corruzione per ogni singolo processo. A tale rischio sono stati associati i valori della probabilità che esso si verifichi (ALTISSIMA/ALTA/MEDIA/BASSA) e quelli relativi all’impatto che esso avrebbe qualora si verificasse (ALTISSIMO/ALTO/MEDIO/BASSO). Nella declinazione di tali valori si è tenuto conto degli indicatori di processo e del “pressing dei controlli” (cioè l’efficacia di tali controlli) già attivi sui processi.
Al fine di determinare il livello del rischio identificato, si è utilizzata la medesima matrice di cui al PTPCT approvato nel 2021 dal Consiglio Nazionale del Notariato, di seguito riportata:
Ad ogni rischio è stata associata una misura “ulteriore” oltre alle misure obbligatorie (trasversali) che devono essere implementate per ogni processo, definendone il termine di adozione.
La mappatura dei processi e la correlata valutazione dei rischi sono riportati nell’allegato A.
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Perugia, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it.
Il CND di Perugia, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice nel corso del 2022, alla luce di quanto indicato nelle «Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche» approvate dall’ANAC con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020.
6.2. La tutela del personale che segnala illeciti: il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: consiglioperugia.rpc@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
In considerazione delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT, rilevata l’impossibilità di dare concreta attuazione a misure di avvicendamento del personale nell’ambito dei processi a rischio e nel solo caso in cui ne ravvisi la necessità, valuterà insieme al Consiglio l’adozione di misure alternative nel rispetto di quanto prescritto all’interno dell’Allegato 2 al PNA 2019.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Perugia dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Perugia, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L’astensione in caso di conflitto di interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Perugia, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
Sul punto l’articolo 42 del d.lgs. 50/2016 introduce una disciplina particolare per le ipotesi di conflitto di interesse nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, richiedendo alle stazioni appaltanti la previsione di misure adeguate per contrastare frodi e corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.
Sulla base di tali previsioni, l'ANAC ha ritenuto opportuno procedere all'adozione di linee guida ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, con l'obiettivo di agevolare le stazioni appaltanti nelle attività di competenza e favorire la diffusione di buone pratiche (linee guida n. 15/2019 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici»).
Al fine adottare idonee misure di prevenzione delle ipotesi di conflitto di interessi, i soggetti che svolgono il ruolo di RUP o intervengono in procedimenti amministrativi con ruoli tali da poter influenzare la manifestazione della volontà dell’ente, devono presentare idonea autocertificazione che attesti l’assenza di cause di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990, dell’art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013, oltre a tutte le altre ipotesi previste dalla normativa vigente e dagli atti interni del CND.
6.7. L’assunzione di obblighi di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti ad assumere specifici obblighi di integrità mediante i quali si vincolano al rispetto:
6.8. L’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
6.9. Rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti
Il CND di Perugia, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
Ai sensi della la legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Perugia una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs. 33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di “responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). […] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Perugia intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
Il RPCT svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. lgs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Perugia.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
I soggetti individuati dal Consiglio, su proposta del RPCT, assumono il ruolo di Referenti interni per la trasparenza e, in quanto tali, sono responsabili per il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto degli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il RPCT svolge le funzioni di coordinamento e il monitoraggio delle attività dei Referenti interni per la trasparenza, ove individuati, attraverso le seguenti modalità:
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileperugia.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it. rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
L’elenco dei dati, delle informazioni e dei documenti da pubblicare ai sensi del d.lgs. n. 33/2013 e delle altre norme che dispongono in materia, è contenuto nell’Allegato - B- del presente piano, ivi inclusi i riferimenti ai responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei singoli obblighi.
L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze di accesso civico “semplice”
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Perugia il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Perugia di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L’accesso civico “generalizzato”
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Perugia sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i qual restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) – c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
I pregiudizi concreti da valutare, ai predetti interessi pubblici e privati (art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013) costituiscono le c.d. “eccezioni relative o qualificate”.
Il Consiglio è tenuto a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se la messa a disposizione degli atti o dei documenti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
ALLEGATI
ALLEGATO “A”
Mappatura dei processi del CND, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
ALLEGATO “B”
Obblighi di pubblicazione del CND e indicazione dei responsabili
Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA
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Piano triennale di prevenzione della corruzione Triennio 2021-2023
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in data …, ai sensi della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014 |
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” – Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (di seguito anche: “PNA 2019”) adottato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche: “ANAC”) con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, richiamata la propria natura di atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni italiane ai fini dell’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, ha ritenuto opportuno precisare il contenuto della nozione di “corruzione” e di “prevenzione della corruzione”.
Quanto al primo aspetto, l’ANAC ha evidenziato come sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali, (es. OCSE e Consiglio d’Europa) firmate e ratificate dall’Italia, la corruzione consista «in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli. Questa definizione, che è tipica del contrasto penalistico ai fenomeni corruttivi, volto ad evitare comportamenti soggettivi di funzionari pubblici (intesi in senso molto ampio, fino a ricomprendere nella disciplina di contrasto anche la persona incaricata di pubblico servizio), delimita il fenomeno corruttivo in senso proprio. Nell’ordinamento penale italiano la corruzione non coincide con i soli reati più strettamente definiti come corruttivi (concussione, art. 317, corruzione impropria, art. 318, corruzione propria, art. 319, corruzione in atti giudiziari, art. 319-ter, induzione indebita a dare e promettere utilità, art. 319-quater), ma comprende anche reati relativi ad atti che la legge definisce come “condotte di natura corruttiva”. L’Autorità, con la propria delibera n. 215 del 2019, sia pure ai fini dell’applicazione della misura della rotazione straordinaria, ha considerato come “condotte di natura corruttiva” tutte quelle indicate dall’art. 7 della legge n. 69 del 2015, che aggiunge ai reati prima indicati quelli di cui agli art. 319-bis,321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis del codice penale. Con questo ampliamento resta ulteriormente delimitata la nozione di corruzione, sempre consistente in specifici comportamenti soggettivi di un pubblico funzionario, configuranti ipotesi di reato».
In ordine alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, l’ANAC, richiamati i contenuti e le direttive delle Convenzioni Internazionali di riferimento, ha precisato che «per essere efficace, la prevenzione della corruzione deve consistere in misure di ampio spettro, che riducano, all’interno delle amministrazioni, il rischio che i pubblici funzionari adottino atti di natura corruttiva (in senso proprio). Esse, pertanto, si sostanziano tanto in misure di carattere organizzativo, oggettivo, quanto in misure di carattere comportamentale, soggettivo.
Le misure di tipo oggettivo sono volte a prevenire il rischio incidendo sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Tali misure preventive (tra cui, rotazione del personale, controlli, trasparenza, formazione) prescindono da considerazioni soggettive, quali la propensione dei funzionari (intesi in senso ampio come dipendenti pubblici e dipendenti a questi assimilabili) a compiere atti di natura corruttiva e si preoccupano di precostituire condizioni organizzative e di lavoro che rendano difficili comportamenti corruttivi.
Le misure di carattere soggettivo concorrono alla prevenzione della corruzione proponendosi di evitare una più vasta serie di comportamenti devianti, quali il compimento dei reati di cui al Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale (“reati contro la pubblica amministrazione”) diversi da quelli aventi natura corruttiva, il compimento di altri reati di rilevante allarme sociale, l’adozione di comportamenti contrari a quelli propri di un funzionario pubblico previsti da norme amministrativo-disciplinari anziché penali, fino all’assunzione di decisioni di cattiva amministrazione, cioè di decisioni contrarie all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, in primo luogo sotto il profilo dell’imparzialità, ma anche sotto il profilo del buon andamento (funzionalità ed economicità)».
L’Autorità ha pertanto sottolineato che «con la legge 190/2012, è stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012», venendo perciò in rilievo un intervento normativo con il quale «non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio».
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazione fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
Sul punto il PNA 2019, precisato che «poiché ogni amministrazione presenta differenti livelli e fattori abilitanti al rischio corruttivo per via delle specificità ordinamentali e dimensionali nonché per via del contesto territoriale, sociale, economico, culturale e organizzativo in cui si colloca, per l’elaborazione del PTPCT si deve tenere conto di tali fattori di contesto. Il PTPCT, pertanto, non può essere oggetto di standardizzazione», ha enucleato i seguenti principi guida di cui occorre tener conto nella progettazione e attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo, ovvero:
sviluppando ed aggiornando al contempo le indicazioni metodologiche per la gestione del rischio corruttivo confluite nell’Allegato 1 al PNA 2019, il quale diventa l’unico documento metodologico di riferimento ed il cui nuovo approccio valutativo (di tipo qualitativo) può essere applicato in modo graduale dalle amministrazioni che abbiano già predisposto il Piano utilizzando l’Allegato 5 al PNA 2013, «in ogni caso non oltre l’adozione del PTPC 2021-2023».
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
1.2. L’applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione agli ordini professionali ed il processo di pianificazione ed attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nel Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione. Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che gli approfondimenti operati nel PNA 2016 mantengono ancora oggi la loro validità.
Ad ogni buon conto, già anteriormente all’approvazione definitiva del PNA 2016, il CND continuava a dare corso agli adempimenti di cui alla normativa di contrasto alla corruzione, prontamente procedendo alla nomina del RPCT della prevenzione della corruzione e all’avvio delle attività correlate agli adempimenti in materia di trasparenza (v. i Verbali di Adunanza Consiliare del 19/01/2015, ove si è provveduto alla nomina del Responsabile Anticorruzione, e del 09/02/2015, ove quest'ultimo rappresentava le criticità derivanti dagli obblighi scaturenti dalle prescrizioni in materia).
In tale contesto, seppur in assenza di specifiche indicazioni applicative della c.d. “normativa anticorruzione” alle peculiari specifiche organizzative e funzionali dei CND, si era quindi proceduto all’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), per gli anni 2016-2018, per il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia, e del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) che costituiva una sezione del presente PTPCT.
I predetti atti di pianificazione erano stati elaborati in ossequio alle disposizioni normative all’epoca vigenti e alle indicazioni metodologiche contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), oltre che alle prassi applicative rinvenibili in materia.
Il CND di Perugia, inoltre, era comunque da lungo tempo impegnato nella promozione dell’etica, della legalità e della trasparenza, in aderenza alle prescrizioni del Regolamento del Consiglio Nazionale del Notariato e del Comitato Esecutivo, attuativo delle norme contenute nelle leggi 3 agosto 1949 n. 577, 20 febbraio 1956 n. 58 e 27 giugno 1991 n. 220.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
L’elaborazione del presente Piano, in conformità a quanto indicato nell’Allegato 1 al PNA 2019, si è sviluppata attraverso le fasi di seguito riportate: Analisi del contesto esterno ed interno; Valutazione del rischio (Identificazione del rischio/Analisi del rischio/Ponderazione del rischio); Trattamento del rischio (Identificazione delle misure/ Programmazione delle misure). Secondo quanto previsto nel PNA 2019, l’Allegato 1 costituisce «l’unico riferimento metodologico da seguire nella predisposizione del PTPCT per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo e aggiorna, integra e sostituisce le indicazioni metodologiche contenute nel PNA 2013 e nell’Aggiornamento PNA 2015». L’Allegato 1 «diventa pertanto l’unico strumento metodologico da seguire nella predisposizione dei Piani triennali della prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo, mentre restano validi riferimenti gli approfondimenti tematici (es. contratti pubblici, sanità, istituzioni universitarie, etc.) riportati nei precedenti PNA».
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
I notai aventi sede nel Distretto costituiscono il Collegio notarile e per ogni Collegio è previsto un Consiglio Notarile che opera in autonomia.
Il CND di Perugia è composto da 9 (nove) notai, eletti dai notai esercenti nel distretto; gli eletti restano in carica tre anni. I membri del Consiglio sono rinnovati per un terzo in ciascun anno, secondo l'ordine di anzianità di nomina. Il Consiglio elegge tra i propri membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere.
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
2.1.1. Organismi di diritto privato controllati o partecipati dal CND di Perugia
Il CND di Perugia promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
1) lo svolgimento di corsi teorici e pratici di specializzazione post-universitaria in tutte le materie previste nei regolamenti CNN e comunque in tutte le discipline attinenti alla professione di Notaio;
2) l'organizzazione di corsi di perfezionamento e di master per l'esercizio della professione rivolti ai neo vincitori di concorso e di aggiornamento professionale dei notai in esercizio;
3) l'organizzazione ed il patrocinio di dibattiti, seminari, tavole rotonde, conferenze e convegni;
4) la promulgazione di pubblicazioni su argomenti attinenti l'attività notarile;
5) l'istituzione di borse di studi e premi da assegnare agli allievi più meritevoli.
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
2.1.2. Il contesto organizzativo e la struttura amministrativa del CND di Perugia
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia è composto da nove Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons.Andrea Sartore), il Tesoriere (Cons. Eleonora Lucattelli) ed il Segretario (Cons. Paolo Efisio Anedda Angioy).
Il Cons. Grazia Cherubini è stato altresì nominato Responsabile della prevenzione della corruzione (delibera CND 12 febbraio 2018), successivamente rinominato “RPCT Territoriale per il Responsabile Unico Nazionale” (con delibera CND 11 febbraio 2019 il Consigliere Grazia Cherubini è stata nominata anche Responsabile per la Trasparenza), nonché R.S.P.P. (il Consigliere Daniele Migliori con delibera CND 11 marzo 2019 è stato nominato Responsabile per lo svolgimento dei compiti di Prevenzione e Protezione, delega a firma Notaio Filippo Brufani in data 13 gennaio 2019).
Delegati dal Consiglio per la liquidazione delle parcelle (emesse sino al 24 gennaio 2012) sono il Cons. Paolo-Efisio Anedda Angioy (delibera CND 11 marzo 2019) ed il Cons. Andrea Sartore (delibera CND 11 marzo 2019).
Il Consiglio ha altresì nominato:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia si avvale della collaborazione di due unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
3.1. Il presente PTPCT ha validità triennale (2021-2023).
Il PTPCT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno (solo per il 2021, «per motivazioni legate all’emergenza sanitaria e al fine di consentire ai RPCT di svolgere adeguatamente tutte le attività connesse all’elaborazione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza, il Consiglio dell’Autorità ha altresì deliberato di differire alla medesima data (31 marzo 2021) il termine ultimo per la predisposizione e la pubblicazione dei Piani Triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza 2021-2023»).
Il PTPCT è finalizzato, tra l’altro a:
Destinatari del PTPCT sono:
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
3.2. Sul ruolo e i poteri del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’ANAC ha adottato la delibera n. 840 del 2 ottobre 2018 in cui sono state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva – e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[…] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. […] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Con particolare riferimento alle prerogative assegnate al RPCT dalla disciplina sul whistleblowing (previste nell’art. 54-bis del d.lgs.165/2001), il PNA 2019 evidenzia che «il RPCT, oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, pone in essere gli atti necessari ad una prima “attività di verifica e di analisi delle segnalazioni ricevute” da ritenersi obbligatoria in base al co. 6 dell’art. 54-bis. Si rammenta infatti che la richiamata disposizione prevede che ANAC irroghi sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Sul potere sanzionatorio dell’Autorità si rinvia al Regolamento del 30 ottobre 2018 «Sull'esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro di cui all'art. 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con delibera ANAC n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019. L’onere di istruttoria, che la legge assegna al RPCT, si sostanzia, ad avviso dell’Autorità, nel compiere una prima imparziale delibazione sulla sussistenza (c.d. fumus) di quanto rappresentato nella segnalazione, in coerenza con il dato normativo che si riferisce ad una attività “di verifica e di analisi”. Resta fermo, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera n. 840/2018, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali».
3.3. La violazione delle misure contenute nel presente Piano è sanzionata in modo graduale, tenuto conto del ruolo e delle competenze del soggetto che pone in essere la violazione:
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
3.4. La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di misure “obbligatorie” (fissate per le legge o “suggerite” dal PNA) e “specifiche” di prevenzione della corruzione.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”. Con l’Allegato 1 del PNA 2019 l’ANAC ha dettato la metodologia applicativa di tali principi per le finalità di definizione di adeguate misure di prevenzione della corruzione.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCT risultano le seguenti “aree”:
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Perugia esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. […] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla l. 190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Perugia si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in due macro-aree di attività:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto alla compilazione di apposite schede di rilevazione dei processi (che si allegano: Modello “1” e Modello “2”) e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati (misure specifiche), per ognuna delle sotto-aree individuate nelle due “macro aree” di attività (istituzionali e strumentali). Per la valutazione del rischio è stato applicato il c.d. “principio di precauzione”.
Le schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati costituiscono l’Allegato “A” al presente PTPCT, mentre il catalogo dei rischi, ordinati per valore, al fine di definire compiutamente le priorità di intervento, costituisce l’Allegato “B”. Le evidenze contenute all’interno delle predette schede verranno implementate nel corso del 2021 coerentemente alle indicazioni contenute nell’Allegato 1 del PNA 2019.
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Perugia, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it.
Il CND di Perugia, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice nel corso del 2021, alla luce di quanto indicato nelle «Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche» approvate dall’ANAC con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020.
6.2. La tutela del personale che segnala illeciti: il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: consiglioperugia.rpc@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
In considerazione delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT, rilevata l’impossibilità di dare concreta attuazione a misure di avvicendamento del personale nell’ambito dei processi a rischio e nel solo caso in cui ne ravvisi la necessità, propone al Consiglio l’adozione di misure alternative nel rispetto di quanto prescritto all’interno dell’Allegato 2 al PNA 2019.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Perugia dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Perugia, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L’astensione in caso di conflitto di interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Perugia, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
Sul punto l’articolo 42 del d.lgs. 50/2016 introduce una disciplina particolare per le ipotesi di conflitto di interesse nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, richiedendo alle stazioni appaltanti la previsione di misure adeguate per contrastare frodi e corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.
Sulla base di tali previsioni, l'ANAC ha ritenuto opportuno procedere all'adozione di linee guida ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, con l'obiettivo di agevolare le stazioni appaltanti nelle attività di competenza e favorire la diffusione di buone pratiche (linee guida n. 15/2019 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici»).
Al fine adottare idonee misure di prevenzione delle ipotesi di conflitto di interessi, i soggetti che svolgono il ruolo di RUP o intervengono in procedimenti amministrativi con ruoli tali da poter influenzare la manifestazione della volontà dell’ente, devono presentare idonea autocertificazione che attesti l’assenza di cause di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990, dell’art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013, oltre a tutte le altre ipotesi previste dalla normativa vigente e dagli atti interni del CND.
6.7. L’adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti a sottoscrivere i cd. “patti di integrità” con i quali si obbligano al rispetto:
6.8. L’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
6.9. Rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti
Il CND di Perugia, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
Ai sensi della la legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Perugia una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs. 33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di “responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). […] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Perugia intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
Il RPCT svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
I dirigenti del CND, ove previsti, e i referenti dei settori, ove individuati, garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. lgs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Perugia.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
I soggetti individuati dal Consiglio, su proposta del RPCT, assumono il ruolo di Referenti interni per la trasparenza e, in quanto tali, sono responsabili per il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto degli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il RPCT svolge le funzioni di coordinamento e il monitoraggio delle attività dei Referenti interni per la trasparenza, ove individuati, attraverso le seguenti modalità:
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileperugia.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it. rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
Disposizioni generali |
Programma per la Trasparenza e l'integrità |
Art. 10, c. 8, lett. a |
RPC/RTI che ne cura la redazione aggiornamento e pubblicazione |
Atti generali |
Art. 12, c. 1,2 |
CND, che cura la pubblicazione nel link apposito del prorpio sito istituzionale della normativa generale |
|
Oneri informativi per cittadini e imprese |
Art. 34, c. 1,2 |
Segreteria, RPC/RTI, Consiglio |
|
Organizzazione |
Organi di indirizzo politico-amministrativo |
Art. 13, c. 1, lett. a |
CND |
Art. 14 |
CND ([1]) |
||
Sanzioni per mancata comunicazione dei dati |
Art. 47 |
CND, che cura anche la pubblicazione nel sito dell’eventuale sanzione |
|
Articolazione degli uffici |
Art. 13, c. 1, lett. b, c |
RPC/RTI |
|
Telefono e posta elettronica |
Art. 13, c. 1, lett. d |
RPC/RTI |
|
Consulenti e collaboratori |
Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
|
Personale |
Incarichi amministrativi di vertice |
Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
||
Dirigenti |
Art. 10, c. 8, lett. d |
RPC/RTI |
|
Art. 15, c. 1,2,5 |
RPC/RTI |
||
Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
||
Posizioni organizzative |
Art. 10, c. 8, lett. d |
CND |
|
Dotazione organica |
Art. 16, c. 1,2 |
CND |
|
Personale non a tempo indeterminato |
Art. 17, c. 1,2 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Tassi di assenza |
Art. 16, c. 3 |
RPC/RTI |
|
Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti |
Art. 18, c. 1 |
CND |
|
Contrattazione collettiva |
Art. 21, c. 1 |
CND e delega al Presidente |
|
Contrattazione integrativa |
Art. 21, c. 2 |
CND e delega al Presidente |
|
OIV (Collegio dei Revisori dei Conti) |
Art. 10, c. 8, lett. c |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Bandi di concorso |
Art. 19 |
CND e delega al Presidente |
|
Performance |
Piano della Performance |
Art. 10, c. 8, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
Relazione sulla Performance |
Art. 10, c. 8, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Ammontare complessivo dei premi |
Art. 20, c. 1 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Dati relativi ai premi |
Art. 20, c. 2 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Benessere organizzativo |
Art. 20, c. 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE ([2]) |
|
Enti controllati |
Enti pubblici vigilati |
Art. 22, c. 1, lett. a |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Società partecipate |
Art. 22, c. 1, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Enti di diritto privato controllati |
Art. 22, c. 1, lett. c |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Rappresentazione grafica |
Art. 22, c. 1, lett. d |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Attività e procedimenti |
Dati aggregati attività amministrativa |
Art. 24, c. 1 |
RPC/RTI |
Tipologie di procedimento |
Art. 35, c. 1,2 |
RPC/RTI ([3]) |
|
Monitoraggio tempi procedimentali |
Art. 24, c. 2 |
RPC/RTI |
|
Dichiarazioni sostitutive e acquisizione d'ufficio dei dati |
Art. 35, c. 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Provvedimenti |
Provvedimenti organi indirizzo politico |
Art. 23 |
CND |
Provvedimenti dirigenti |
Art. 23 |
CND |
|
Bandi di gara e contratti |
Art. 37, c. 1,2 |
CND |
|
Bilanci |
Bilancio preventivo e consuntivo |
Art. 29, c. 1 |
CND |
Beni immobili e gestione patrimonio |
Patrimonio immobiliare |
Art. 30 |
CND |
Canoni di locazione o affitto |
Art. 30 |
CND |
|
Pagamenti dell'amministrazione |
Indicatore di tempestività dei pagamenti |
Art. 33 |
RPC/RTI |
IBAN e pagamenti informatici |
Art. 36 |
RPC/RTI |
|
Altri contenuti |
Art. 10, c. 8, lett. a |
RPC/RTI |
L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze di accesso civico “semplice”
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Perugia il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Perugia di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L’accesso civico “generalizzato”
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Perugia sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i qual restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) – c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
I pregiudizi concreti da valutare, ai predetti interessi pubblici e privati (art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013) costituiscono le c.d. “eccezioni relative o qualificate”.
Il Consiglio è tenuto a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se la messa a disposizione degli atti o dei documenti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
ALLEGATI
ALLEGATO “A”
Mappatura dei processi del CND, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
ALLEGATO “B”
Catalogo ponderato dei rischi
([1]) Stante la natura del tutto gratuita della carica e l’esclusione di rimborsi spese, i redditi derivanti dalla attività professionale dei componenti del CND sarà comunicata solo al CNN non avendo rilevanza esterna e diretta ai sensi dell’art. 14.
([2]) Da valutare all’esito del primo triennio da parte del CND previa predisposizione di adeguato questionario.
[3] Previa predisposizione dei necessari regolamenti.
Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA
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Piano triennale di prevenzione della corruzione Triennio 2020-2022
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in data 12 febbraio 2020 ai sensi della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014 |
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” – Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (di seguito anche: “PNA 2019”) adottato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche: “ANAC”) con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, richiamata la propria natura di atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni italiane ai fini dell’adzione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, ha ritenuto opportuno precisare il contenuto della nozione di “corruzione” e di “prevenzione della corruzione”.
Quanto al primo aspetto, l’ANAC ha evidenziato come sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali, (es. OCSE e Consiglio d’Europa) firmate e ratificate dall’Italia, la corruzione consista «in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli. Questa definizione, che è tipica del contrasto penalistico ai fenomeni corruttivi, volto ad evitare comportamenti soggettivi di funzionari pubblici (intesi in senso molto ampio, fino a ricomprendere nella disciplina di contrasto anche la persona incaricata di pubblico servizio), delimita il fenomeno corruttivo in senso proprio. Nell’ordinamento penale italiano la corruzione non coincide con i soli reati più strettamente definiti come corruttivi (concussione, art. 317, corruzione impropria, art. 318, corruzione propria, art. 319, corruzione in atti giudiziari, art. 319-ter, induzione indebita a dare e promettere utilità, art. 319-quater), ma comprende anche reati relativi ad atti che la legge definisce come “condotte di natura corruttiva”. L’Autorità, con la propria delibera n. 215 del 2019, sia pure ai fini dell’applicazione della misura della rotazione straordinaria, ha considerato come “condotte di natura corruttiva” tutte quelle indicate dall’art. 7 della legge n. 69 del 2015, che aggiunge ai reati prima indicati quelli di cui agli art. 319-bis,321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis del codice penale. Con questo ampliamento resta ulteriormente delimitata la nozione di corruzione, sempre consistente in specifici comportamenti soggettivi di un pubblico funzionario, configuranti ipotesi di reato».
In ordine alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, l’ANAC, richiamati i contenuti e le direttive delle Convenzioni Internazionali di riferimento, ha precisato che «per essere efficace, la prevenzione della corruzione deve consistere in misure di ampio spettro, che riducano, all’interno delle amministrazioni, il rischio che i pubblici funzionari adottino atti di natura corruttiva (in senso proprio). Esse, pertanto, si sostanziano tanto in misure di carattere organizzativo, oggettivo, quanto in misure di carattere comportamentale, soggettivo.
Le misure di tipo oggettivo sono volte a prevenire il rischio incidendo sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Tali misure preventive (tra cui, rotazione del personale, controlli, trasparenza, formazione) prescindono da considerazioni soggettive, quali la propensione dei funzionari (intesi in senso ampio come dipendenti pubblici e dipendenti a questi assimilabili) a compiere atti di natura corruttiva e si preoccupano di precostituire condizioni organizzative e di lavoro che rendano difficili comportamenti corruttivi.
Le misure di carattere soggettivo concorrono alla prevenzione della corruzione proponendosi di evitare una più vasta serie di comportamenti devianti, quali il compimento dei reati di cui al Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale (“reati contro la pubblica amministrazione”) diversi da quelli aventi natura corruttiva, il compimento di altri reati di rilevante allarme sociale, l’adozione di comportamenti contrari a quelli propri di un funzionario pubblico previsti da norme amministrativo-disciplinari anziché penali, fino all’assunzione di decisioni di cattiva amministrazione, cioè di decisioni contrarie all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, in primo luogo sotto il profilo dell’imparzialità, ma anche sotto il profilo del buon andamento (funzionalità ed economicità)».
L’Autorità ha pertanto sottolineato che «con la legge 190/2012, è stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012», venendo perciò in rilievo un intervento normativo con il quale «non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio».
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazione fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
Sul punto il PNA 2019, precisato che «poiché ogni amministrazione presenta differenti livelli e fattori abilitanti al rischio corruttivo per via delle specificità ordinamentali e dimensionali nonché per via del contesto territoriale, sociale, economico, culturale e organizzativo in cui si colloca, per l’elaborazione del PTPCT si deve tenere conto di tali fattori di contesto. Il PTPCT, pertanto, non può essere oggetto di standardizzazione», ha enucleato i seguenti principi guida di cui occorre tener conto nella progettazione e attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo, ovvero:
principi strategici (coinvolgimento dell’organo di indirizzo, cultura organizzativa diffusa di gestione del rischio, collaborazione tra amministrazioni);
principi metodologici (prevalenza della sostanza sulla forma, gradualità, selettività, integrazione, miglioramento e apprendimento continuo);
principi finalistici (effettività, orizzonte del valore pubblico),
sviluppando ed aggiornando al contempo le indicazioni metodologiche per la gestione del rischio corruttivo confluite nell’Allegato 1 al PNA 2019, il quale diventa l’unico documento metodologico di riferimento ed il cui nuovo approccio valutativo (di tipo qualitativo) può essere applicato in modo graduale dalle amministrazioni che abbiano già predisposto il Piano utilizzando l’Allegato 5 al PNA 2013, «in ogni caso non oltre l’adozione del PTPC 2021-2023».
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
1.2. L’applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione agli ordini professionali ed il processo di pianificazione ed attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nel Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione. Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che gli approfondimenti operati nel PNA 2016 mantengono ancora oggi la loro validità.
Peraltro, già anteriormente all’approvazione definitiva del PNA 2016, il CND continuava a dare corso agli adempimenti di cui alla normativa di contrasto alla corruzione, prontamente procedendo alla nomina del RPCT della prevenzione della corruzione e all’avvio delle attività correlate agli adempimenti in materia di trasparenza (v. i Verbali di Adunanza Consiliare del 19/01/2015, ove si è provveduto alla nomina del Responsabile Anticorruzione, e del 09/02/2015, ove quest'ultimo rappresentava le criticità derivanti dagli obblighi scaturenti dalle prescrizioni in materia).
In tale contesto, seppur in assenza di specifiche indicazioni applicative della c.d. “normativa anticorruzione” alle peculiari specifiche organizzative e funzionali dei CND, si era quindi proceduto all’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), per gli anni 2016-2018, per il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia, e del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) che costituiva una sezione del presente PTPCT.
I predetti atti di pianificazione erano stati elaborati in ossequio alle disposizioni normative all’epoca vigenti e alle indicazioni metodologiche contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), oltre che alle prassi applicative rinvenibili in materia.
Il CND di Perugia, peraltro, era comunque da lungo tempo impegnato nella promozione dell’etica, della legalità e della trasparenza, in aderenza alle prescrizioni del Regolamento del Consiglio Nazionale del Notariato e del Comitato Esecutivo, attuativo delle norme contenute nelle leggi 3 agosto 1949 n. 577, 20 febbraio 1956 n. 58 e 27 giugno 1991 n. 220.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
I notai aventi sede nel Distretto costituiscono il Collegio notarile e per ogni Collegio è previsto un Consiglio Notarile che opera in autonomia.
Il CND di Perugia è composto da 9 (nove) notai, eletti dai notai esercenti nel distretto; gli eletti restano in carica tre anni. I membri del Consiglio sono rinnovati per un terzo in ciascun anno, secondo l'ordine di anzianità di nomina. Il Consiglio elegge tra i propri membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere.
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
2.1.1. Organismi di diritto privato controllati o partecipati dal CND di Perugia
Il CND di Perugia promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
1) lo svolgimento di corsi teorici e pratici di specializzazione post-universitaria in tutte le materie previste nei regolamenti CNN e comunque in tutte le discipline attinenti alla professione di Notaio;
2) l'organizzazione di corsi di perfezionamento e di master per l'esercizio della professione rivolti ai neo vincitori di concorso e di aggiornamento professionale dei notai in esercizio;
3) l'organizzazione ed il patrocinio di dibattiti, seminari, tavole rotonde, conferenze e convegni;
4) la promulgazione di pubblicazioni su argomenti attinenti l'attività notarile;
5) l'istituzione di borse di studi e premi da assegnare agli allievi più meritevoli.
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
2.1.2. Il contesto organizzativo e la struttura amministrativa del CND di Perugia
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia è composto da nove Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons. Filippo Brufani), il Tesoriere (Cons. Eleonora Lucattelli) ed il Segretario (Cons. Andrea Sartore).
Il Cons. Grazia Cherubini è stato altresì nominata Responsabile della prevenzione della corruzione (delibera CND 12 febbraio 2018), successivamente rinominato “RPCT Territoriale per il Responsabile Unico Nazionale” (con delibera CND 11 febbraio 2019 il Consigliere Grazia Cherubini è stata nominata anche Responsabile per la Trasparenza), nonché R.S.P.P. (il Consigliere Daniele Migliori con delibera CND 11 marzo 2019 è stato nominato Responsabile per lo svolgimento dei compiti di Prevenzione e Protezione, delega a firma Notaio Filippo Brufani in data 13 gennaio 2019).
Delegati dal Consiglio per la liquidazione delle parcelle (emesse sino al 24 gennaio 2012) sono il Cons. Paolo-Efisio Anedda Angioy (delibera CND 11 marzo 2019) ed il Cons. Andrea Sartore (delibera CND 11 marzo 2019).
Il Consiglio ha altresì nominato:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia si avvale della collaborazione di due unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
3.1. Il presente PTPCTT ha validità triennale (2020-2022).
Il PTPCTT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno.
Il PTPCTT è finalizzato, tra l’altro a:
Destinatari del PTPCTT sono:
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCTT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCTT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
3.2. Sul ruolo e i poteri del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’ANAC ha adottato la delibera n. 840 del 2 ottobre 2018 in cui sono state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva – e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[…] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. […] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Con particolare riferimento alle prerogative assegnate al RPCT dalla disciplina sul whistleblowing (previste nell’art. 54-bis del d.lgs.165/2001), il PNA 2019 evidenzia che «il RPCT, oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, pone in essere gli atti necessari ad una prima “attività di verifica e di analisi delle segnalazioni ricevute” da ritenersi obbligatoria in base al co. 6 dell’art. 54-bis. Si rammenta infatti che la richiamata disposizione prevede che ANAC irroghi sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Sul potere sanzionatorio dell’Autorità si rinvia al Regolamento del 30 ottobre 2018 «Sull'esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro di cui all'art. 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con delibera ANAC n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019. L’onere di istruttoria, che la legge assegna al RPCT, si sostanzia, ad avviso dell’Autorità, nel compiere una prima imparziale delibazione sulla sussistenza (c.d. fumus) di quanto rappresentato nella segnalazione, in coerenza con il dato normativo che si riferisce ad una attività “di verifica e di analisi”. Resta fermo, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera n. 840/2018, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali».
3.3. La violazione delle misure contenute nel presente Piano è sanzionata in modo graduale, tenuto conto del ruolo e delle competenze del soggetto che pone in essere la violazione:
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
3.4. La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di misure “obbligatorie” (fissate per le legge o “suggerite” dal PNA) e “specifiche” di prevenzione della corruzione.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCTT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCT risultano le seguenti “aree”:
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Perugia esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. […] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla l. 190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Perugia si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCTT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in due macro-aree di attività:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto alla compilazione di apposite schede di rilevazione dei processi (che si allegano: Modello “1” e Modello “2”) e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati (misure specifiche), per ognuna delle sotto-aree individuate nelle due “macro aree” di attività (istituzionali e strumentali). Per la valutazione del rischio si è utilizzata la procedura di calcolo proposta nell’Allegato 5 del PNA, applicando il c.d. “principio di precauzione”.
Le schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati costituiscono l’Allegato “A” al presente PTPCT, mentre il catalogo dei rischi, ordinati per valore, al fine di definire compiutamente le priorità di intervento, costituisce l’Allegato “B”.
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Perugia, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it.
Il CND di Perugia, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice entro 60 giorni dall’adozione delle Linee Guida in materia di codici di comportamento che verranno emesse dall’ANAC nei prossimi mesi, secondo quanto preannunciato nella delibera n. 1074 del 2018 di aggiornamento del PNA e confermato nel PNA 2019 (p. 45).
6.2. La tutela del personale che segnala illeciti: il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: consiglioperugia.rpc@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
Ove possibile, nel rispetto delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT propone al Consiglio eventuali avvicendamenti del personale addetto ai processi a rischio corruzione, ovvero l’adozione di misure alternative nel rispetto di quanto prescritto all’interno dell’Allegato 2 al PNA 2019.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Perugia dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Perugia, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L’astensione in caso di conflitto di interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Perugia, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
6.7. L’adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti a sottoscrivere i cd. “patti di integrità” con i quali si obbligano al rispetto:
6.8. L’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
6.9. Rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti
Il CND di Perugia, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
Ai sensi della la legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Perugia una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs. 33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di “responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). […] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Perugia intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
Il RPCT svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
I dirigenti del CND, ove previsti, e i referenti dei settori, ove individuati, garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. lgs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Perugia.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
I soggetti individuati dal Consiglio, su proposta del RPCT, assumono il ruolo di Referenti interni per la trasparenza e, in quanto tali, sono responsabili per il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto degli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il RPCT svolge le funzioni di coordinamento e il monitoraggio delle attività dei Referenti interni per la trasparenza, ove individuati, attraverso le seguenti modalità:
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileperugia.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it. rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
Disposizioni generali |
Programma per la Trasparenza e l'integrità |
Art. 10, c. 8, lett. a |
RPC/RTI che ne cura la redazione aggiornamento e pubblicazione |
Atti generali |
Art. 12, c. 1,2 |
CND, che cura la pubblicazione nel link apposito del prorpio sito istituzionale della normativa generale |
|
Oneri informativi per cittadini e imprese |
Art. 34, c. 1,2 |
Segreteria, RPC/RTI, Consiglio |
|
Organizzazione |
Organi di indirizzo politico-amministrativo |
Art. 13, c. 1, lett. a |
CND |
Art. 14 |
CND ([1]) |
||
Sanzioni per mancata comunicazione dei dati |
Art. 47 |
CND, che cura anche la pubblicazione nel sito dell’eventuale sanzione |
|
Articolazione degli uffici |
Art. 13, c. 1, lett. b, c |
RPC/RTI |
|
Telefono e posta elettronica |
Art. 13, c. 1, lett. d |
RPC/RTI |
|
Consulenti e collaboratori |
Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
|
Personale |
Incarichi amministrativi di vertice |
Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
||
Dirigenti |
Art. 10, c. 8, lett. d |
RPC/RTI |
|
Art. 15, c. 1,2,5 |
RPC/RTI |
||
Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
||
Posizioni organizzative |
Art. 10, c. 8, lett. d |
CND |
|
Dotazione organica |
Art. 16, c. 1,2 |
CND |
|
Personale non a tempo indeterminato |
Art. 17, c. 1,2 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Tassi di assenza |
Art. 16, c. 3 |
RPC/RTI |
|
Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti |
Art. 18, c. 1 |
CND |
|
Contrattazione collettiva |
Art. 21, c. 1 |
CND e delega al Presidente |
|
Contrattazione integrativa |
Art. 21, c. 2 |
CND e delega al Presidente |
|
OIV (Collegio dei Revisori dei Conti) |
Art. 10, c. 8, lett. c |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Bandi di concorso |
Art. 19 |
CND e delega al Presidente |
|
Performance |
Piano della Performance |
Art. 10, c. 8, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
Relazione sulla Performance |
Art. 10, c. 8, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Ammontare complessivo dei premi |
Art. 20, c. 1 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Dati relativi ai premi |
Art. 20, c. 2 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Benessere organizzativo |
Art. 20, c. 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE ([2]) |
|
Enti controllati |
Enti pubblici vigilati |
Art. 22, c. 1, lett. a |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Società partecipate |
Art. 22, c. 1, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Enti di diritto privato controllati |
Art. 22, c. 1, lett. c |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Rappresentazione grafica |
Art. 22, c. 1, lett. d |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Attività e procedimenti |
Dati aggregati attività amministrativa |
Art. 24, c. 1 |
RPC/RTI |
Tipologie di procedimento |
Art. 35, c. 1,2 |
RPC/RTI ([3]) |
|
Monitoraggio tempi procedimentali |
Art. 24, c. 2 |
RPC/RTI |
|
Dichiarazioni sostitutive e acquisizione d'ufficio dei dati |
Art. 35, c. 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Provvedimenti |
Provvedimenti organi indirizzo politico |
Art. 23 |
CND |
Provvedimenti dirigenti |
Art. 23 |
CND |
|
Bandi di gara e contratti |
Art. 37, c. 1,2 |
CND |
|
Bilanci |
Bilancio preventivo e consuntivo |
Art. 29, c. 1 |
CND |
Beni immobili e gestione patrimonio |
Patrimonio immobiliare |
Art. 30 |
CND |
Canoni di locazione o affitto |
Art. 30 |
CND |
|
Pagamenti dell'amministrazione |
Indicatore di tempestività dei pagamenti |
Art. 33 |
RPC/RTI |
IBAN e pagamenti informatici |
Art. 36 |
RPC/RTI |
|
Altri contenuti |
Art. 10, c. 8, lett. a |
RPC/RTI |
L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze di accesso civico “semplice”
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Perugia il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Perugia di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L’accesso civico “generalizzato”
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Perugia sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i qual restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) – c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
I pregiudizi concreti da valutare, ai predetti interessi pubblici e privati (art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013) costituiscono le c.d. “eccezioni relative o qualificate”.
Il Consiglio è tenuto a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se la messa a disposizione degli atti o dei documenti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
ALLEGATI
ALLEGATO “A”
Mappatura dei processi del CND, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
ALLEGATO “B”
Catalogo ponderato dei rischi
([1]) Stante la natura del tutto gratuita della carica e l’esclusione di rimborsi spese, i redditi derivanti dalla attività professionale dei componenti del CND sarà comunicata solo al CNN non avendo rilevanza esterna e diretta ai sensi dell’art. 14.
([2]) Da valutare all’esito del primo triennio da parte del CND previa predisposizione di adeguato questionario.
[3] Previa predisposizione dei necessari regolamenti.
Consiglio Notarile Distrettuale
di
PERUGIA
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Triennio 2019-2021
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di PERUGIA, su proposta del Responsabile
della PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA, IN DATA 11 FEBBRAIO 2019 AI SENSI
della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” - Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
I reati dai quali è possibile evincere la nozione di corruzione, assunta nell’ordinamento italiano, sono:
sé o per un terzo, di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri - art. 318 c.p. (corruzione per l’esercizio della funzione);
sé o per un terzo, di denaro o altra utilità per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio - art. 319 c.p. (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio);
taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità - art. 319-quater c.p.;
Nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), approvato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), già Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle Amministrazioni Pubbliche (CiVIT) con la delibera n. 72 dell’11 settembre 2013, successivamente aggiornato ed integrato con la determina 12 ottobre 2015 n. 12, con la delibera 3 agosto 2016 n. 831, con la delibera 22 novembre 2017 n. 1208 nonché, da ultimo, con la delibera 21 novembre 2018 n. 1074, la nozione di corruzione fa riferimento a tutte le condotte, anche prodromiche alla realizzazione di fattispecie penalmente rilevanti, nelle quali «si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo» (così PNA 2013, p. 13. Tale nozione è stata poi confermata nella determinazione ANAC n. 12 del 28 ottobre 2015 recante l’aggiornamento al PNA 2013 dove si è fatto riferimento alla «"maladministration”, intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari. Occorre, cioè, avere riguardo ad atti e comportamenti che, anche se non consistenti in specifici reati, contrastano con la necessaria cura dell’interesse pubblico e pregiudicano l’affidamento dei cittadini nell’imparzialità delle amministrazioni e dei soggetti che svolgono attività di pubblico interesse»).
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazione fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
la prevenzione;
carattere trasversale contenute nella legge n. 190/2012 e nei suoi decreti attuativi.
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
L’ANAC, nei suoi atti, ha più volte affermato che la ratio sottesa alla legge n. 190/2012 ed ai decreti di attuazione sia quella di estendere le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti di programmazione, a soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni pubbliche, si avvalgono di risorse pubbliche, svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse.
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. Igs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCTT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione.
Peraltro, già anteriormente all’approvazione definitiva del PNA 2016, il CND continuava a dare corso agli adempimenti di cui alla normativa di contrasto alla corruzione, prontamente procedendo alla nomina del RPCT della prevenzione della corruzione e all’avvio delle attività correlate agli adempimenti in materia di trasparenza (v. i Verbali di Adunanza Consiliare del 19/01/2015, ove si è provveduto alla nomina del Responsabile Anticorruzione, e del 09/02/2015, ove quest'ultimo rappresentava le criticità derivanti dagli obblighi scaturenti dalle prescrizioni in materia).
In tale contesto, seppur in assenza di specifiche indicazioni applicative della c.d. “normativa anticorruzione” alle peculiari specifiche organizzative e funzionali dei CND, si era quindi proceduto all’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), per gli anni 2016-2018, per il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia, e del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) che costituiva una sezione del presente PTPCT.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
Il CND di Perugia promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia è composto da nove Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons. Filippo Brufani), il Tesoriere (Cons. Eleonora Lucattelli) ed il Segretario (Cons. Andrea Sartore).
Il Cons. Grazia Cherubini è stato altresì nominato Responsabile della prevenzione della corruzione (delibera CND 12/02/2018).
Delegati dal Consiglio per la liquidazione delle parcelle (emesse sino al 31/12/2011) sono il Cons. Paolo-Efisio Anedda Angioy (delibera CND 11/03/2019) ed il Cons. Andrea Sartore (delibera CN D 28/07/2014)
Il Consiglio ha altresì nominato:
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Perugia si avvale della collaborazione di due unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
Il PTPCTT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno.
Il PTPCTT è finalizzato, tra l’altro a:
> determinare la consapevolezza in capo ai destinatari che il verificarsi di fenomeni corruttivi espone l’Ente a gravi rischi, in special modo sotto il profilo dell’immagine
pubblica, e produce conseguenze sul piano penale e disciplinare a carico dell’autore della violazione;
Destinatari del PTPCTT sono:
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCTT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCTT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva - e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[...] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. [...] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
> nel caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano, il RPCT verrà destituito dall’incarico e sarà chiamato a rispondere conformemente a quanto previsto dalle norme vigenti per omesso controllo, salvo che provi di avere comunicato le misure da adottare e le relative modalità e di avere vigilato sull'osservanza del Piano.
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCTT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCTT risultano le seguenti “aree”:
> aree di rischio “generali”: alle quali fanno capo le “aree obbligatorie” (indicate dalla legge meglio specificate nel PNA: autorizzazione o concessione; scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari; concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale) e le aree “generali” - (indicate dall’ANAC nel PNA 2015: gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio; controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni; incarichi e nomine; affari legali e contenzioso);
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Perugia esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
4. Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del CND di Perugia.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. [...] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla 1.190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Perugia si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCTT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in due macro-aree di attività:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto alla compilazione di apposite schede di rilevazione dei processi (che si allegano: Modello “1” e Modello “2”) e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati (misure specifiche), per ognuna delle sotto-aree individuate nelle due “macro aree” di attività (istituzionali e strumentali). Per la valutazione del rischio si è utilizzata la procedura di calcolo proposta nell’Allegato 5 del PNA, applicando il c.d. “principio di precauzione”.
Le schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati costituiscono l’Allegato “A” al presente PTPCT, mentre il catalogo dei rischi, ordinati per valore, al fine di definire compiutamente le priorità di intervento, costituisce l’Allegato “B”.
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Perugia, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it.
Il CND di Perugia, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice entro 60 giorni dall’adozione delle Linee Guida in materia di codici di comportamento che verranno emesse dall’ANAC nei primi mesi del 2019, secondo quanto preannunciato nella delibera n. 1074 del 2018 di aggiornamento del PNA.
6.2. La tutela del personale che segnala Illeciti: Il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: consiglioperugia.rpc@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
Ove possibile, nel rispetto delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT propone al Consiglio eventuali avvicendamenti del personale addetto ai processi a rischio corruzione.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Perugia dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Perugia, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L'astensione In caso dì conflitto di Interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Perugia, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
6.7. L'adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti a sottoscrivere i cd. “patti di integrità” con i quali si obbligano al rispetto:
6.8. L'adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
6.9. Rapporti tra Il CND e i soggetti che con lo stesso Instaurano rapporti
Il CND di Perugia, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
Ai sensi della la legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Perugia una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e II d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 - alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs.
33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di "responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). [...] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Perugia intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
Il Responsabile per la prevenzione della corruzione svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
I dirigenti del CND, ove previsti, e i referenti dei settori, ove individuati, garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. Igs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Perugia.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileperugia.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileperugia.it. rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
6. Categorie dei dati da pubblicare e articolazioni organizzative interne responsabili
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Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
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pubblicazione nel link apposito del prorpio sito istituzionale della normativa generale |
Oneri informativi per cittadini e imprese |
Art. 34, c. 1,2 |
Segreteria, RPC/RTI, Consiglio |
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Organizzazione |
Organi di indirizzo politicoamministrativo |
Art. 13, c. 1, lett. a |
CND |
Art. 14 |
CND (1) |
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Sanzioni per mancata comunicazione dei dati |
Art. 47 |
CND, che cura anche la pubblicazione nel sito dell’eventuale sanzione |
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Articolazione degli uffici |
Art. 13, c. 1, lett. b, c |
RPC/RTI |
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Telefono e posta elettronica |
Art. 13, c. 1, lett. d |
RPC/RTI |
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Consulenti e collaboratori |
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Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
Personale |
Incarichi amministrativi di vertice |
Art. 15, c. 1,2 |
RPC/RTI |
Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
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Dirigenti |
Art. 10, c. 8, lett. d |
RPC/RTI |
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Art. 15, c. 1,2,5 |
RPC/RTI |
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Art. 41, c. 2, 3 |
RPC/RTI |
||
Posizioni organizzative |
Art. 10, c. 8, lett. d |
CND |
(1) Stante la natura del tutto gratuita della carica e l'esclusione di rimborsi spese, i redditi derivanti dalla attività professionale dei componenti del CND sarà comunicata solo al CNN non avendo rilevanza esterna e diretta ai sensi dell'art. 14.
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Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
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Dotazione organica |
Art. 16, c. 1,2 |
CND |
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Personale non a tempo indeterminato |
Art. 17, c. 1,2 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
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Tassi di assenza |
Art. 16, c. 3 |
RPC/RTI |
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Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti |
Art. 18, c. 1 |
CND |
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Contrattazione collettiva |
Art. 21, c. 1 |
CND e delega al Presidente |
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Contrattazione integrativa |
Art. 21, c. 2 |
CND e delega al Presidente |
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OIV (Collegio dei |
Art. 10, c. 8, lett. |
AL MOMENTO NON |
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Revisori dei Conti) |
c |
IMPLEMENTABILE |
Bandi di concorso |
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Art. 19 |
CND e delega al Presidente |
|
Piano della |
Art. 10, c. 8, lett. |
AL MOMENTO NON |
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Performance |
b |
IMPLEMENTABILE |
|
Relazione sulla |
Art. 10, c. 8, lett. |
AL MOMENTO NON |
|
Performance |
b |
IMPLEMENTABILE |
Performance |
Ammontare complessivo dei premi |
Art. 20, c. 1 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Dati relativi ai |
Art. 20, c. 2 |
AL MOMENTO NON |
|
premi |
IMPLEMENTABILE |
|
|
Benessere |
Art. 20, c. 3 |
AL MOMENTO NON |
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organizzativo |
IMPLEMENTABILE (2) |
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Enti controllati |
Enti pubblici vigilati |
Art. 22, c. 1, lett. |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE AL |
(2) Da valutare all'esito del primo triennio da parte del CND previa predisposizione di adeguato questionario.
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Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
|
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a |
MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
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Società partecipate |
Art. 22, c. 1, lett. b |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Enti di diritto privato controllati |
Art. 22, c. 1, lett. c |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
|
Art. 22, c. 2, 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
||
Rappresentazione grafica |
Art. 22, c. 1, lett. d |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
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Attività e procedimenti |
Dati aggregati attività amministrativa |
Art. 24, c. 1 |
RPC/RTI |
Tipologie di procedimento |
Art. 35, c. 1,2 |
RPC/RTI (3) |
|
Monitoraggio tempi procedimentali |
Art. 24, c. 2 |
RPC/RTI |
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Dichiarazioni sostitutive e acquisizione d'ufficio dei dati |
Art. 35, c. 3 |
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE |
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Provvedimenti |
Provvedimenti organi indirizzo politico |
Art. 23 |
CND |
Provvedimenti dirigenti |
Art. 23 |
CND |
3 Previa predisposizione dei necessari regolamenti.
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Denominazione sotto-sezione 1 livello |
Denominazione sotto-sezione 2 livello |
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 |
Struttura referente |
Bandi di gara e contratti |
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Art. 37, c. 1,2 |
CND |
Bilanci |
Bilancio preventivo e consuntivo |
Art. 29, c. 1 |
CND |
Beni immobili e gestione patrimonio |
Patrimonio immobiliare |
Art. 30 |
CND |
Canoni di locazione o affitto |
Art. 30 |
CND |
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Pagamenti dell'amministrazione |
Indicatore di tempestività dei pagamenti |
Art. 33 |
RPC/RTI |
IBAN e pagamenti informatici |
Art. 36 |
RPC/RTI |
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Altri contenuti |
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Art. 10, c. 8, lett. a |
RPC/RTI |
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L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze dì accesso cìvico “semplice"
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Perugia il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Perugia di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L'accesso civico “generalizzato"
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
> alla segreteria del CND di Perugia, con nota scritta firmata e fotocopia del documento d’identità in corso di validità del richiedente da spedire all’indirizzo Consiglio Notarile di Perugia, Via della Stella n. 13 CAP 06123, Perugia oppure con PEC all’indirizzo cnd.perugia@postacertificata.notariato.it.
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Perugia sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i qual restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) - c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
ALLEGATI
ALLEGATO “A”
Mappatura dei processi del CND, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
ALLEGATO “B”
Catalogo ponderato dei rischi